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Fabriano, cenni storici

 

Due furono i castelli feudali da cui Fabriano ebbe origine, posti a poca distanza l'uno dall'altro presso la riva destra del fiume, detto allora Castellano, su due alture separate da uno stretto avvallamento. Castrum senza nome il primo cui si aggiunse l'appellativo di vetus per distinguerlo dall'altro più recente, Poggium o Castrum novum il secondo.

Con il trascorrere del tempo i castelli formarono un tutt'uno, un centro unico e popoloso in rapida espansione; nel secolo XII Fabriano è ormai un comune sovrano.

Nel corso del secolo XIII l'impianto urbano si estende progressivamente: all'interno della cinta muraria, oltre ai nuclei originari Castelnuovo e Castelvecchio con il palazzo del Podestà, è dato distinguere i più recenti quartieri di San Venanzo o San Giovanni e San Biagio e le due piazze, la piazza Alta (Platea Magna) dove si svolgeva la vita ammministrativa, e la piazza Bassa (Platea Mercati), dove in prevalenza si esercitavano attività commerciali e produttive.

E' pure nel corso di questo secolo che a livello economico-sociale e politico-istituzionale finiscono per affermarsi le corporazioni delle Arti, le quali riunivano sotto i loro stendardi la borghesia produttrice. Tra esse spiccava l'Arte dei Fabbri: ben 38 fabbrerie si contavano nella sola piazza del mercato, dalle quali uscivano continuamente manufatti per il mercato esterno, tanto che il sigillo del Comune già rappresentava simbolicamente proprio un fabbro nell'atto di battere il ferro sull'incudine.

Si aggiunsero, in ordine di tempo, oltre ad altre minori, l'Arte della Lana, della Concia delle pelli e soprattutto della Carta, per la quale i fabrianesi ebbero il primato della fabbricazione non solo in Italia, ma nella stessa Europa.

Il trecento fu certamente il periodo storico di maggiore potenza, prosperità e splendore per Fabriano, che fin dal secolo precedente aveva esteso il suo dominio sopra i castelli feudali delle terre confinanti, sia con attività militari, sia con spontanee cessioni. La lavorazione della carta accrebbe la notorietà e il prestigio del Comune: i prodotti cartari si sparsero in tutto il mondo come ricordato nello stesso stemma cittadino: "Olim chartam undique fudit". Si fondarono chiese e conventi; si costruirono nuovi edifici; fiorirono gli studi letterari e umanistici; si sviluppò una prestigiosa e singolare scuola pittorica con notevoli influenze sul territorio circostante; è in questo clima e in questa temperie culturale che si forma Gentile, artista raffinato e celebrato.

Nella seconda metà del Trecento, i Chiavelli divennero gli unici incontrastati signori di Fabriano. Guido Napoletano Chiavelli, che già disponeva di una immensa proprietà fondiaria, fu tra i più attivi a partecipare al mondo degli affari, impiegando notevoli sostanze nell'acquisto di beni immobili, nella gestione dei mulini, nell'industria della carta e della lana. Le relazioni di parentela della famiglia dominante con influenti signorie lontane, ne consolidarono la potenza, rendendo più sicuri i confini, proteggendo i molteplici interessi.

Il regime chiavellesco segnò però l'epilogo del processo di logoramento consumato ai danni del Comune democratico, fondato sulle corporazioni delle Arti e sulle cariche ad esse legate. I nuovi signori di Fabriano specularono sul popolo minuto, rappresentato da quella classe di piccoli artigiani, apprendisti lavoranti che mal sopportavano lo sfruttamento dei ricchi mercanti e le rigide regole degli ordinamenti corporativi. L'avversione irriducibile alla Signoria provenne proprio dal mondo imprenditoriale e finanziario, e si manifestò con la congiura ed il feroce eccidio del 26 Maggio 1435, allorché furono massacrati senza pietà tutti i maschi dei Chiavelli.

In pochi mesi, con il nuovo Statuto, fu restituito alle Arti il governo del Comune. Subentrò per un breve periodo la signoria degli Sforza.

Il governo di Francesco risultò oppressivo politicamente e disastroso da un punto di vista finanziario, dati gli enormi tributi imposti alla Comunità intera ed in breve Fabriano, traditi gli Sforza, finì per affidarsi alla Chiesa.

Trascorsero anni relativamente tranquilli finché non riesplosero le lotte fra le fazioni, gli "Ecclesiastici" da una parte, i "Chiavelleschi" dall'altra, caratterizzate da feroci rivalità e tumulti, che condussero infine al saccheggio degli Spagnoli nel 1517. I due secoli successivi possono definirsi di declino; il Comune non potendo più eleggere il suo podestà fini per perdere ogni parvenza di autonomia.

Si susseguirono le sventure: la carestia di fine cinquecento prima, le pestilenze poi ed i terremoti apportarono disastri incalcolabili. Languirono i traffici e le attività produttive: soltanto a partire dalla fine del Settecento l'impresa cartaria iniziò un nuovo ciclo di crescita grazie alla intraprendenza della famiglia Miliani.

Nel 1728 Fabriano, fin dal 1610 posta sotto il governatore prelato, viene elevata dal pontefice Benedetto XIII a città ed eretta a diocesi congiunta con Camerino, dalla quale fu separata definitivamente nel 1785. Dopo una breve parentesi di svincolamento dal potere papale, si registrò ancora nel 1800 la dominazione della Chiesa;

nel 1808 Fabriano fu annessa al Regno italico; passò nel 1813 sotto il governo provvisorio di Napoli, per poi cadere un solo anno dopo sotto il tirannico dispotismo austriaco; nel 1815 si ritornò al dominio della Chiesa; nel 1849 fece parte della Repubblica romana. Durante il risorgimento ben 500 furono i fabrianesi volontari nelle guerre di Indipendenza; non va dimenticato, infine, il tributo di sangue pagato dalla città ai due conflitti mondiali del Novecento ed alla resistenza armata.

BIBLIOGRAFIA

A.Moscé "Guida del Palio", Fabriano 1995

D.Pilati "Storia di Fabriano dalle origini ai nostri giorni, Fabriano 1985

G.Castagnari "Dall'impresa artigiana all'industrializzazione" in "La città della Carta", Jesi 1982

B.Molajoli "Guida artistica di Fabriano", Fabriano 1968

 


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