I Piceni
di Federico
Uncini
Secondo le antiche fonti
letterarie i Piceni ebbero origine dal popolo Sabino.
Il loro nome deriva dal
Picchio (Picus Picenus), uccello sacro a Marte, che guidò nel X secolo
a.C. questa gente nella terra ascolana, in una primavera sacra (ver
sacrum).
Essi vissero
pacificamente fino al IV secolo a.C. quando nel 390 a.C. l'invasione dei
Galli Senoni troncò per sempre l'unità etnica della regione e il
territorio marchigiano già piceno fu occupato dai barbari fino al fiume
Esino. La diffusione dei Piceni interessò la fascia dell'Italia centrale
già Umbra, compresa tra l'Appennino e l'Adriatico, tra il fiume Foglia e
il Salino (Teramo).
Questo popolo prosperoso
fondò molte città, sottoponendo pacificamente le popolazioni indigene
come quella Umbra. Essi si organizzarono in città autonome, ma federate
tra loro; si dedicarono all'agricoltura, alla pesca, alla caccia,
amavano le lettere e l'arte, nella loro cultura imitarono i vicini
Etruschi. Il rito funerario dei Piceni era principalmente dal VII
secolo a.C. ad inumazione, diffuso in tutta la regione fino a Novilara
(necropoli picena del VIII secolo a.C.) dove fu il punto di confine con
la facies Villanoviana. I loro insediamenti erano formati, fino al
VII-VI secolo a.C., di villaggi con rudimentali capanne, poi dal V
secolo, usarono delle coperture e fondamenta in pietre e tegoloni.
Furono quasi sempre alleati dei Romani e parteciparono con loro alle
molteplici guerre.Roma durante la sua espansione capì che questo era
l'unico che poteva interferire sul dominio dell'Italia Centrale.
Già nel 137 a.C. quando
nel territorio compreso tra Pesaro e Ancona avvenne una nuova
distribuzione di terre con la legge dei Gracchi relativa alla prima
centuriazione, comportò uno scompenso economico dovuto allo
scorporamento di vasti latifondi a favore di liberti e contadini con un
movimento economico agricolo che raggiunse le colline e montagne. Queste
riforme furono la causa dell'avvio alla Guerra Sociale. Nel 268 a.C.
l'esercito romano guidato da Appio Claudio Crasso e Publio Sempronio
Sofro attaccarono la città di Ascoli roccaforte dei Piceni uccidendo
circa 5000 abitanti. Di conseguenza i Piceni furono privati per sempre
dell'indipendenza, la confederazione delle città fu sciolta e nella
regione furono fondate diverse colonie romane come Auximum, Cingolum,
Trea, Septempeda,, Urbs Salvia, Tolentinum ecc. Nel 90 a.C. i Piceni
tentarono con l'aiuto degli Umbri, Etruschi Galli, Sabini, Sanniti di
fondare una repubblica di Italici. Roma per impedire questa mossa divise
la coalizione offrendo la cittadinanza, prima agli Umbri poi agli
Etruschi e Galli che si ritirarono dalla lega. Nel frattempo ad Ascoli
insorsero e trucidarono un gran numero di cittadini romani. Nel 89 a.C.
i confederati furono sconfitti, lasciando sul campo 15 mila morti.
Poco dopo Ascoli fu
assediata da Gneo Pompeo Stabone gli abitanti furono completamente
trucidati. Quest'ultimo scontro persuase i Romani a adeguarsi ai tempi e
nel 87 a.C. concessero ai Piceni la cittadinanza romana e i privilegi
annessi. La guerra sociale fu un fatto molto importante per la storia
d'Italia, avendo dato inizio alla concessione della cittadinanza romana
a gran parte degli abitanti viventi in uno stesso paese e contribuì al
progresso, alla civiltà e al movimento di unione che si estese in tutta
la penisola italiana. Durante il I secolo a.C. gli Umbri e i Piceni
divennero nelle nostre valli un popolo unico, unificando leggi,
linguaggi e costumi. Le testimonianze archeologiche della civiltà Picena
insediata nel territorio fabrianese sono molteplici.
Ricordiamo i rinvenimenti
nella Piana di S.Maria in Campo nel 1917 e 1995, nelle vicinanze
dell'omonima chiesa, nel casello stradale dell'Anas, nei territori
adiacenti all'ex tiro a volo, nella zona del cimitero nuovo, fonte Rita,
Poio di Fabriano, Acquatina e S.Giovanni di Attiggio.
Dai corredi delle tombe
ritrovate a S.Maria in Campo, nel 1917, sono venuti alla luce un carro
arcaico, armi scudi e degli oggetti ceramici di provenienza etrusca
(VI-VII sec. a.C.) che danno un'indicazione dell'influenza esercitata
da quest'ultimi sulle popolazioni Italiche. Le stesse necropoli avevano
a corredo anche dei vasi dauni provenienti dalla Puglia (simili sono
stati recuperati anche a Chiusi).
Questa orientalizzazione
documentata anche in altre zone archeologiche come Matelica, Numana,
Tolentino, Belmonte Piceno ecc. sono a riprova dell'importanza dei
collegamenti tra le valli marchigiane.
Negli anni 50' sono stati
recuperati i corredi di alcune tombe a inumazione formate da tumuli di
pietre a forma circolare situate in queste aree e i rispettivi corredi
sono esposti al museo archeologico di Ancona. Le sepolture
appartenevano a principi arricchiti con gli scambi commerciali e il
controllo dei traffici provenienti dalle coste tirreniche e adriatiche.
Le vie preferenziali per i commerci tra i popoli Umbro-Piceni e poi i
Celti furono quattro:
Il passo di Colfiorito
che collegava l'Etruria via Todi-Spoleto-Foligno, le valli marchigiane
del Tenna, Chienti e Potenza. Il Valico di Fossato e la gola del Corno
e Valdorbia che collegava l'Etruria via Chiusi-Perugia Gubbio, le valli
del Giano, Esino, Potenza, Misa e Cesano.
I passi di Bocca Seriola
e Trabaria che collegavano Siena, Arezzo con le valli del Metauro e il
Foglia. Il passo di Viamaggio che da Firenze, Siena e Arezzo collegavano
la valle del Marecchia fino a Rimini. Altre importanti testimonianze
della presenza della civiltà Picena nell'area fabrianese sono state
individuate nella Piana del Maragone nel 1991 databili del IX-VII secolo
a.C.
Nell'area
esisteva una vasta necropoli ad incinerazione confermata dal
rinvenimento di frammenti di urne cinerarie oltre a parti di fondi di
capanne e vasellami che attestano la presenza di nuclei di abitazioni
picene che si estendevano oltre la linea ferroviaria, lungo il rio Bono,
contrada Sacramento,Vetretta , fornaci Pecorelli.Durante i lavori per la
costruzione della nuova stazione ferroviaria è stato rinvenuto un carro
da guerra datato VII secolo a.C. ,esportato in America.
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