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La fornace di calce idraulica Cerbelli

in località Ponte del Sacramento

 

di Sandro Papa

 

 

AgIi inizi del 1900 , Fabriano era in pieno sviluppo economico , grazie anche al fatto che le industrie locali potevano utilizzare l'energia elettrica, di cui era concessionario il Comune .

 

In particolare le fabbriche di calce idraulica, di cemento e di gesso, erano più di 15 , ed operavano praticamente su tutto il territorio comunale .

 

Con la loro attività tali fabbriche ” assottigliavano le colline ed i monti del nostro territorio di circa 30 vagoni di materiale ogni giorno".

 

In tale periodo, per la precisione tra il 1908 e il 19 10, Natale Lolli Cerbelli, nato a Fabriano nel 1884, con il fratello Giovan Battista ed il concittadíno Arturo Mannucci, crearono in località Ponte del Sacramento – cioè dove la strada per Nebbiano attraversa il Rio Bono ‑ un opificio di calce idraulica ricavata dalla marna, una roccia calcarea contenente una sensibile quantità di argilla, che veniva presa in una cava ubicata a circa 600‑700 metri dallo stesso opificio. dove veniva portata da un mulo che trainava un carrello sopra un binario.

La chiesa del Sacramento da cui la zona prende il nome

 

La cava si trovava in una proprietà di Natale Lolli Cerbelli, perciò gli operai che lavoravano in fornace venivano utilizzati anche per estrarre la pietra marna, di natura morbida, mentre l'acqua veniva presa nel laghetto di Machella, così chiamato da voce popolare, e portata nella fornace con un canale chiuso, culminante nella parata o vascone, che stava fuori l'opificio, avente le macine a palmenti.

 

La pietra veniva frantumata a mano dalle donne, forse le stesse mogli degli operai. Quindi veniva messa dentro grandi forni per la cottura e stagionata a seconda che la calce idraulica fosse "a rapida presa" o "a lenta presa".

 

A questo punto era pronta per essere utilizzata per gli intonaci o per fare muri in pietra o di mattoni.

 

Il capo operaio era un tal Cantilonne, che in assenza del proprietario aveva la responsabilità del buon andamento del lavoro.

 

Questo sistema artigianale di ricavare la calce idraulica, la fornace Cerbelli l'adottò fino alla Prima guerra mondiale e la qualità del prodotto era talmente alta che moltissime case fabrianesi furono fatte con quella calce, ed anche molte case del circondario vennero sistemate con essa.

 

Dopo il 1918, Natale Cerbelli divenne unico proprietario della fornace. che potenziò con l'acquisto di due turbine, rispettivamente di 40 e 50 cavalli, che producevano energia, utilizzando sempre l'acqua della parata, scarsa durante i mesi estivi.

 

Alle dipendenze di Cantilonne, c'erano dai dodici ai quindici operai.

Quando si trattava di trasportare la pietra marna, non bastando i muli della proprietà, la fornace faceva ricorso ai buoi dei coloni.

 

Ad uno dei muli , di nome Moschino, che in gioventù era stato con gli alpini, Natale si affezionò particolarmente.

 

Moschino era sempre cavalcato, stando in piedi sulla sella da uno degli operai detto Beccorosso, così soprannominato forse per il troppo bere.

 

Gli operai potevano fruire di tre piccole abitazioni costruite fuori della fornace, la quale aveva un'estensione di circa 3.000 mq coperti , con travature di legno e con coppi prodotti nella fornace Pecorelli.

 

All'interno, i locali erano tutti comunicanti.

C'erano dei grandi stanzoni aperti o cameroni pavimentati con calce, dove si metteva al riparo dalle intemperie la calce appena prodotta.

 

Contemporaneamente all'istallazione delle turbine, Natale Cerbelli fece istallare anche un piccolo frantolo della pietra eliminando così i costi del lavoro delle donne.

 

Esso era situato all'interno della fornace, in prossimità delle macine e del mulino, e veniva usato per frantumare la pietra già cotta con cui si otteneva  la calce idraulica o "cementino" e la polvere bianca.

 

I forni erano alimentati usando il carbone residuo, acquistato dal vicino deposito della stazione ferroviaria.

 

Durante la Seconda guerra mondiale la fornace subì molti danni per bombardamenti, stante la sua vicinanza con la strategica stazione di Fabriano e con il robustissimo "ponte dei sei fornici".

 

Nel dopoguerra, venne riattivata e potenziata con un mulino a palle di ferro in sostituzione delle macine. Suoi clienti divennero anche i residenti in altri comuni, come Jesi, e la calce venne utilizzata soprattutto per le riparazioni delle case coloniche dei contadini.

 

In quel periodo, i Cerbelli producevano anche un cementino a rapida presa, che in grandi quantità venne spedito a Napoli per i lavori di sistemazione del porto.

 

All’epoca , comunque , sia la fornace Lolli Cerbelli , sia quella di Iginio Gioia, che stava lungo la strada di Sassoferrato, sia le altre fabbrichette che si trovavano lungo il fiume Giano , furono a lungo impegnate nella ricostruzione di Fabriano distrutta dal bombardamenti.

 

Alla morte di Natale Cerbelli ,avvenuta nel 1956, la fabbrica venne affittata dagli eredi agli operai che tolsero il binario e il mulo, preferendo il camion , mentre restò invariato il processo di lavorazione.

 

La fornace è rimasta attiva fino al 1980.

 


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