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La precettoria templare di Perticano

Tra la Marca e l’Umbria, sulle tracce della “casa madre” dei Templari del Monte Cucco

 

 di Euro Puletti

 

L’autorevolissimo storico dell’Università di Perugia, Professor Francesco Tommasi, nell’articolo dal titolo L’ordine dei Templari a Perugia (“Bollettino della Deputazione di Storia Patria per l’Umbria”, vol. LXXVIII, Perugia, 1981, p.22), desumendo le notizie dall’Archivio Segreto Vaticano, scrive: “Ultima, in ordine di tempo, ad essere raggiunta dai mandatari dell’Inquisizione, fu la precettoria templare di S. Paterniano nella diocesi di Nocera […]. La precettoria è identificabile con la chiesa parrocchiale di Perticano (comune di Sassoferrato), nel cui possesso entrarono i Giovanniti dopo la soppressione della Milizia del Tempio” (Tommasi, op. cit., p. 43 [note]). Nella prima seduta del processo ai Templari di Perticano, celebratosi, a Gubbio, in due distinte sedi, tra il 3 ed il 7 marzo del 1310, comparve, probabilmente in qualità di testimone dell’accusa, anche l’influente monaco avellanita di Costacciaro padre Ubaldo Guelfoni, abate, in tempi diversi, di Sant’Andrea de Insula Filiorum Manfredi e di San Benedetto Vecchio.

Il Mulino di Perticano ed il “Rigo Petroso”

Un documento scritto, ufficiale ed originale, d’archivio, lo “Status domus sancti Paterniani de Rigo Petroso assignatus per frate Angelum preceptorem dicte domus” (cfr. Archivio Segreto Vaticano - Liber Prioratus Urbis Ordinis Sancti Johannis Hierosolymitani – Vat. Lat.10372 (f, 17r) anno 1333) sancisce, ed inequivocabilmente, che la precettoria templare di Perticano passò nelle mani degli Ospitalieri di San Giovanni a partire, almeno, dal 1333. La precettoria templare, dopo essere stata chiusa nel 1310, in seguito al processo inquisitorio intentato ai Templari, fu trasformata in domus ed ospedale per pellegrini (hospitalem) dell’Ordine degli Ospitalieri di San Giovanni, quindi commendata al frate precettore giovannita Angelo (altri, lo studioso Domenico Ferretti in “L’Azione” di Fabriano del 10/01/1987, cita, quale commendatario, un tale Don Camillo Ghisi). Frate Angelo viveva con un aiutante oblato e la famiglia di questi. La chiesa di San Paterniano, forse già parrocchiale, ed altrove detta de "Rivoretroso sive de Villa Perticani", percepiva, all’epoca, appena 40 soldi di entrate annue, corrispondenti a mezzo fiorino d'oro.

Il locale torrente "Rigo Petroso", oggi detto Rio Freddo e, più oltre nel documento, chiamato "flumen Partecani" (in altri scritti anche “Rio Perticaro”, forse da “verticare”, ‘ribaltare’, per l’irruenza delle sue turbinose onde di piena), divideva due territori d’influenza politico-amministrativa ecclesiastica: quello diocesano di Gubbio da quello di Nocera Umbra.
L'inventario della chiesa e di un probabile annesso parrocchiale indica una dotazione, costituita da semplici oggetti d’uso comune e, come si dice spesso nel medesimo testo del repertorio, piccoli e di poco valore (“campanellam parvam”, “anthifonarium de die pauci valoris”). Fra essi, figurava, altresì, una “màttera” per fare il pane: “item unam macteram actam ad faciendus panem”.
Sulla sinistra idrografica del Rigo Petroso (cioè, alla lettera, del “ruscello sassoso”), o Rio Freddo che dir si voglia, s’estendevano i terreni posti nel distretto di Gubbio. Altre terre andavano ben oltre la località “Metula”, cioè, probabilmente, al di là dell’attuale “Balza del Metolóne” (“Metolone scinditura del Meta”, definiva, tale rupe, un erudito monaco dell’Eremo di Monte Cucco nel XIX secolo), in un’area situata lungo il versante sudorientale della montagna, oltre il Rio Freddo, nelle zone di San Felice, Casalvento, Piaggia Secca, Viacce, Rucce, ecc.
Un pezzo di terra era sito nella villa di Perticano e confinava con il Rio Freddo e la locale strada che, ancor oggi, lo costeggia: “petiam terre positam in dicto comitatus in villa Perticani cui ab flumen Partecani”.

I Templari e, poi, i Giovanniti coltivavano una vigna nelle vicinanze dell’assolato centro di Monte Bollo, oggi frazione di Scheggia: “item unam aliam petiam terre vineatam positam in dicto comitatu in villa Montis Bulli”. Sulla montagna di Monte Bollo risulta, ancor oggi, documentato il toponimo, di fonte orale, ’L Campo dei Frati, il quale potrebbe anche essersi anticamente riferito ai Templari, ai Giovanniti o, anche, perché no, ben più semplicemente, agli eremiti camaldolesi di Monte Corona, stanziati nell’Eremo di Monte Cucco sin dal 1521.
Un’altra striscia di terra s’estendeva nel piano dell’antichissimo mulino di Perticano, lungo il Rio Freddo e la strada: “item unam aliam petiam terre positam […] in plano Molini iusta flumen Pertecani et via”. Il mulino di Perticano, come ha recentemente scoperto il valente ricercatore d’archivio eugubino Fabrizio Cece, risulta già documentato, a partire, almeno, dall’anno 1570, quale proprietà dei penitenti camaldolesi di Monte Corona del vicino Eremo di San Girolamo di Monte Cucco.

Un antico edificio nella frazione di Monte Bollo

(comune di Scheggia-Pascelupo)

Si ricordi come quasi ogni precettoria importante, od ospizio, tendesse ad attestarsi lungo un corso d’acqua perenne, impiantandovi, e stabilmente, il proprio molino da cereali. La chiesa di San Paterniano de Rigo Petroso, de Rigoretroso o de Rivoretroso (Leonardo da Vinci, nei suoi studi sopra i moti acquatici, parla Dei retrosi d’acqua, cioè dei ‘mulinelli’ degli ‘invorticamenti’, e delle ‘turbolenze’ del liquido elemento scorrente nei corsi d’acqua), possedeva un mulino anche lungo il Torrente Sentino, in località “Le Conelle”, il quale mulino fu venduto nel corso del XV secolo. Un’altra possessione fondiaria, che forniva grano, era ubicata “in Pescaria” e lungo la strada (“iusta viam”). Il toponimo Piscaria indicava, e di sovente, un invaso artificiale, realizzato per allevare i pesci, molto appetiti dai Templari, i quali, in quanto monaci, li utilizzavano, nell’alimentazione, soprattutto per ragioni rituali e liturgiche. Non vi era, infatti, quasi precettoria che non possedesse una propria Piscaria, rendendosi, così, autosufficiente in ordine all’approvvigionamento ed al consumo ittico.

Un’altra località ancora, ma non meglio precisata e, quindi, non facilmente identificabile, apparteneva, anch’essa, alla domus giovannita di Perticano: “Ortale”. Tale nome di luogo lascerebbe presupporre l’esistenza di terra destinata a produzioni orticole ed orto-frutticole.
Un ulteriore campo, in cui si seminava grano, si distendeva tra la chiesa e le proprietà di un certo Cagnium Petri. Nelle vicinanze di Perticano esiste tuttora un luogo denominato “Cagni” che, nel nome, di forma genitivale possessiva, potrebbe anche ricordare un originario possessore di nome Cagnium o Cagno. I Giovanniti perticanesi e, ancor prima di loro, i Templari locali, curavano anche una coltivazione di Scotano (Cotinus coggygria), arbusto usato intensamente nella concia delle pelli ed un bosco: “item unam scotonariam cum una silva”.

Lapide nella vicina

Sant'Emiliano in Congiùntoli

Questi beni rendevano “5 libre denariorum modus cortonensium”. Ancora un altro pezzo di terra da frumento era localizzato presso “Ruce Petruzolo”, cioè, come io credo, nella località fabrianese di Rucce, vicino alle proprietà di un tale Petruciolum Salutij. Non sappiamo dove, esattamente, si situasse la sede della precettoria templare di Perticano, anche se pare assodato come questa dovesse coincidere con la chiesa di San Paterniano. Tale tempio, sacro al Vescovo di Fano, tuttavia, che oggi si trova in territorio marchigiano (Provincia di Ancona e Comune di Sassoferrato), è di costruzione abbastanza recente e, comunque, non certo retrodatabile fino al basso Medioevo. Che la primitiva chiesa templare di San Paterniano e, dunque, la stessa sede templare ad essa associata, sorgesse, nel Medioevo, in territorio umbro è cosa abbastanza probabile. Si deve, infatti, considerare come la strada principale di Perticano costeggiasse sì, ab antiquo, il Rio Freddo, come accade ancor oggi, ma, provenendo dall’abbazia di Sant’Emiliano in Congiùntoli, lo dovesse fare lungo il suo versante idrografico sinistro e, cioè, verso l’Umbria.

Tale strada entrava, quindi, nella Marca d’Ancona, forse proprio al centro di Perticano, superando un originario ponticello sul Torrente Rio Freddo, nei cui pressi sorgono, tuttora, i ruderi d’un vecchio mulino. Sia a Casalvento sia a San Felice s’ergeva una torre di guardia. A Casalvento, presso la locale chiesa di Santa Croce (che, da taluno, si vuole anch’essa templare), i ruderi di questa struttura difensiva esistono ancora, mentre, a San Felice, pare resistere più soltanto il nome che, anticamente, la designava: “La Torre”, appunto. Che tali costruzioni militari siano state, in qualche modo, collegate alla precettoria di Perticano è ipotesi suggestiva ma, purtroppo, priva di reali basi documentarie sulle quali far forza ed indubitata fede.

 


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